
Illustratore per caso
Perugia è una città d’arte che nonostante i pochi spazi rimasti a disposizione per rappresentarla, riesce sempre a mostrare una certa vitalità e, sovente, ad esprimere nuovi talenti nel campo artistico.
Qualche anno fa, ho avuto la fortuna di conoscere Pierantonio Bartoloni, disegnatore perugino che – come all’improvviso – ha iniziato ad incantare i suoi concittadini con personaggi magistralmente tratteggiati, usciti (quasi per caso) dai cassetti del suo studio.
Lo dico subito. Pierantonio è un amico e l’idea di intervistarlo mi è parsa – lo ammetto – oltre che cosa buona e giusta per le ragioni che poi leggerete (e che spero apprezzerete), anche una scelta “facile”, sostenibile, considerando il poco tempo a mia disposizione. Almeno così pensavo…
Io: “Pierantonio, ti mando qualche domanda via email, mi rispondi, poi nel caso aggiungo io, tu rileggi, poi pubblico. Che ne dici?”.
Pierantonio: “Nient’affatto. Vengo da te uno di questi pomeriggi e facciamo una bella chiacchierata a voce, davanti ad un buon bicchiere di vino rosso. Mi fai le domande e poi scrivi quello che ti pare”.
Pierantonio è così. Netto come il suo tratto di matita. Di fondo, ancora amabilmente analogico. Abituato a fare le cose come si facevano una volta. Perché riescono meglio.
Allora mi organizzo. Lo aspetto sabato alle 18:00, nel rustico di casa, con la stufa accesa (nonostante sia il 10 aprile) e con una bottiglia di Sannio rosso DOC, appena regalatomi. Per sicurezza compro anche un’adeguata scorta di Ichnusa in frigo, nel caso preferisca la birra.
L’intervista ha inizio. Prima domanda: “Birra o vino, Pierantonio”. Pierantonio: “Fuori sembra autunno. Vino, grazie!”.
La birra (penso io) me la berrò più in là, con comodo, anche se magari con meno gusto senza la compagnia di un amico come Pierantonio.
1) Tu sei un perugino DOC se non sbaglio, parlaci un po’ del tuo rapporto con la tua città natale. E’ stata questa per caso la “musa ispiratrice” dei tuoi primi disegni? Parlaci un po’ della tua Perugia, di quella magari meno conosciuta ai perugini d’adozione come me…
Pierantonio: “Quasi DOC. Sono nato a Foggia. Il nonno materno voleva che tutti i figli e i nipoti nascessero a Foggia. E così è stato, anche per me. Per la verità io sono “l’ultimo foggiano” della famiglia. Ma per il resto sono cresciuto a Perugia. Sono contento di essere nato in Puglia; ho però ricordi vaghi di quei posti. Mi ricordo di essere stato una volta a Castel del Monte ma poco altro. Il primo dialetto che ho imparato non è stato il perugino, ma il foggiano; ascoltando una mia pro-prozia. Un’altra città cara alla mia famiglia, è Treviso, un’altra bellissima città. Origini del sud e nord insomma; e poi tutta la vita a Perugia, la mia città!
Perugia l’ho letteralmente esplorata da ragazzo e continuo a farlo ancora oggi. I suoi innumerevoli vicoli, le piazzette tra una stradina ed un’altra, i suoi infiniti scorci, gli archi e gli archetti, le porte delle botteghe e degli scantinati. Anche quelli che non ci sono più. Sapevi che in via dei Priori, dove ora c’è l’Hotel dei Priori, che ora è chiuso, c’era una vecchia cartolibreria? E poi sempre in via dei Priori, c’era la mitica Pizzeria Marchigiana, luogo di ritrovo di intere generazioni? Oppure la merceria Conti in piazza Matteotti, dove trovavi di tutto. Io andavo pazzo per questi posti, per queste botteghe. Ma non solo a Perugia. Pensa che una volta a Treviso, mi ostinai a cercare per ore e ore la bottega di bici del mio bisnonno, di cui mi parlò mio zio. Mi presero per matto.
A Perugia ho vissuto 12 anni in via XX Settembre, la lasciai nel 1978. Ci sono ritornato di recente per rivederla quella via. Mi ricordo il Bar Mario o il falegname Ireneo; la sua bottega, l’odore del legno tagliato. Non ci sono più, è ovvio, ma per me è come vederli ancora questi luoghi. Faccio mia la frase che Woody Allen disse nel suo celebre film Manhattan, a proposito della sua New York: “New York è la mia città e lo sarebbe sempre stata”. Così è Perugia per me, e lo sarà sempre.”
2) Molti hanno conosciuto la tua arte grazie alle bellissime tavole su Pinocchio che hai realizzato e mostrato in pubblico, in ben due mostre. La prima nel 2019 e la seconda a gennaio del 2020. E prim’ancora, nel 2018, con la mostra “Sciabole, matite, pennarelli”, sempre in Corso Bersaglieri al Sansalù al Borgo, lo spazio espositivo e studio d’arte di Sandra Salucci. Ma è vero che prima di allora, i tuoi disegni non li avevi mai mostrati in pubblico? Non ti sembra un reato contro il patrimonio artistico? Scherzo…
Pierantonio: “Per il reato… non credo dai! Ma è vero, l’ho sempre vissuto come un hobby, questo del disegno e delle illustrazioni. Poi considera che dall’86 quando mi diplomai, ripresi a disegnare soltanto nel 2001. A distanza di 15 anni. Mi ricordo come fosse oggi. Vidi una mostra di Emanuele Luzzati, un suo pulcinella in bicicletta, e da lì ripresi a disegnare. Se avessi fatto un altro lavoro, si oggi, lo posso dire, avrei fatto proprio l’illustratore. Ma in fondo e per fortuna, oggi per la verità faccio anche l’illustratore. Com’è strana (e bella) la vita.
In vita mia, come disegnatore, sono sempre andato per gradi. Ho sempre cercato di imparare dai maestri. Anzi ti dirò di più, ho “copiato” dai maestri. Il cavallo di Sergio Toppi o il corazziere prussiano con sciabola di Battaglia, io li rifacevo, ovviamente con il mio stile, in continuazione. Da loro cercavo di prendere ed apprendere: ispirazione e tecnica. Ma ero onesto; in fondo al disegno, scrivevo sempre “da un disegno di…” Battaglia, Toppi, o chi altro era. Volevo che si sapesse. Che fosse chiaro da dove nasceva quel mio lavoro.
Poi è come dici tu, senza due care persone, nessuno, tranne me, avrebbe visto mai le mie opere. A convincermi a tirarle fuori dal cassetto, è stata, prima di tutti, la pittrice perugina e amica Fabiola Mengoni. Fabiola la conobbi molto tempo prima, nel 1991, ma solo qualche lustro fa e quasi per caso (appunto), le dissi che stavo disegnando delle maschere della commedia dell’arte. Lei mi chiese di vederle e di fare uno studio su alcune di esse; le sarebbero servite per un suo progetto artistico. Ne vide altre e a quel punto non volle sentire storie. E come fai a dire di no a Fabiola! Mi presentò, allora, Sandra Salucci e conobbi così il suo bellissimo spazio d’arte, Sansalù al Borgo in Corso Bersaglieri a Perugia. “Un luogo di civiltà” io lo definisco. E allora, insomma, partì tutto da lì. Io sono timido, ma non potevo in effetti far pagare questo scotto alle mie opere. Ai miei militari in divisa o al mio pinocchio, che ad un certo punto anche Geppetto fa uscire, fra mille paure, dalla sua bottega.”
3) Tu come lavoro principale, se posso svelarlo (l’ho fatto!), sei un impiegato in una grossa industria alimentare dell’Umbria. Lavoro d’ufficio e creatività artistica, due mondi all’apparenza paralleli, destinati a non incontrarsi mai, addirittura da sembrare opposti.
Oppure c’è qualcosa che li unisce, che li rende in qualche modo complementari?
Pierantonio: “È vero sembrano due cose opposte, eppure sono complementari, hai detto bene. L’una aiuta l’altra. Il lavoro stabile e ben pagato in azienda, con le turnazioni poi, mi ha permesso e mi permette tuttora di avere la serenità e il tempo per disegnare. Però questo, il lavoro, nella mia vita non mi è mai bastato. Mi sono laureato nel 2013, in Lettere indirizzo storico. È stata dura, c’ho impiegato molto tempo a portare a termine gli studi. Conciliare il lavoro e lo studio non è una cosa facile. Però ce l’ho fatta e ne vado fiero. Soprattutto perché l’ho fatto con le mie forze, senza pesare economicamente su nessuno. Credo che il raggiungimento di questo obiettivo mi sia servito anche per decidere di “riprendere la matita in mano”, più decisamente diciamo. Se sono riuscito a lavorare e studiare, sarei riuscito a lavorare e a disegnare. Ed eccomi qui.”
4) Questa domanda non poteva mancare e tu lo sai. Ho avuto il privilegio di vedere qualche tuo disegno di costumi sardi e da buon sardo, con una matita poi come la tua, me ne sono innamorato. Anche qui un’altra cosa bellissima, quanto a mio modo di vedere curiosa, se non addirittura misteriosa …come peraltro una certa narrazione dell’isola di Sardegna.
Mi hai detto in privato (ora in pubblico) che non sei mai stato nella mia isola, sarò felice e ti prometto da buon sardo di accompagnarti ed ospitarti. Ma come hai fatto ad innamorarti e a rappresentare così bene, con quella minuziosità , le maschere e i costumi sardi se non li hai mai visti dal vivo?
Pierantonio: “È vero. Sono affascinato dalla Sardegna e non ci sono mai stato! Ma, in qualche modo, è come se la conoscessi da sempre. Se penso alla Sardegna penso allo scudetto, di cui si sono appena celebrati i suoi 50 anni; a Gigi Riva, insomma, il campione, l’eroe di quest’isola. Ma anche ai (ben) due presidenti della Repubblica, al premio nobel Grazia Deledda, al pecorino sardo dei miei commilitoni. Ai nuraghi, al suo dialetto, pardon… alla sua lingua. Ai coltelli sardi. Ecco, questo sì; quando andiamo in Sardegna, mi devi accompagnare a comprarne uno. Ma fatto bene, da un bravo artigiano. I coltelli sardi, le leppe mi hai detto che si chiamano, no? Sì, le ho viste. Quando ero al militare; ne aveva una, un commilitone sardo. Una volta poi in Tv, da Vespa, c’era Cossiga. Alcuni suoi corregionali, in diretta gli regalarono una pattada, così la chiamarono. Lui la prese, ringraziò dell’omaggio, poi disse: “Vedete, questo coltello in Sardegna serve a tagliare il formaggio e la salsiccia, ma non escludo che qualche mio antenato l’abbia usata anche per altro.” Mi rimase impressa questa battuta, “alla Cossiga”.
Per la verità, devo conoscere ancora tutto della Sardegna. Ma intanto ho scoperto, e mi sono documentato, sui costumi sardi, bellissimi, e i mamuthones, affascinanti. E mi si è aperto un mondo: quello del carnevale sardo, che potrei definire “ancestrale”. Un mondo fatto da tantissime maschere, che ancora non ho capito quante sono veramente. Mi avevi detto che mi avresti trovato un libro su questo, con tutte le maschere sarde; ammesso che esista. Insomma ho cominciato a disegnare maschere e costumi sardi, come hai avuto modo di vedere. E ancora vado avanti. Spero, prima o poi, di riuscire a fare un lavoro su questo. E tu, Pietro, mi darai una mano, vero? Ah dimenticavo. Poi qualche anno fa ho assistito a “Sa Paradura“, qui in Umbria. Che grande gesto ed esempio di civiltà che avete dato, voi sardi. Donare 1.000 pecore agli allevatori umbri colpiti dal terremoto, è stato qualcosa di incredibile. Come fai a non innamorarti di questa terra e di questa gente. Anche se non ci sei ancora stato.”
5) Ultima domanda. So che, dopo la collaborazione con l’Associazione Perugia1416, sei impegnato in un’altra importante collaborazione con il Comune di Perugia. Se non puoi, non svelarci niente; dicci soltanto, ricollegandoci alla prima domanda, cosa significa per te questo nuovo progetto per la tua città.
Pierantonio: “Sai di Perugia ho iniziato a disegnare i suoi scorci, nei luoghi stessi dove si trovano; come i pittori “open air”. Con un taccuino e una matita in mano, insomma. Poi, però, si avvicinava la gente a curiosare, a chiedere, voleva vedere. E tu sai, sono un po’ riservato. Allora ho preferito cambiare sistema. Fotografavo e andavo a disegnare nel mio studio. Da solo, lì mi sentivo più a mio agio.
Io disegno, per lo più, luoghi di Perugia che conosco, di cui mi sento affezionato. Possono anzi sono per lo più poco conosciuti, ma per me contano veramente tanto. Come quel palazzo, adesso è inutile che ti dica la via, dove sotto c’era un ristorante. Ci andai a mangiare con mio padre, una volta. Nel momento di pagare, vidi il conto che mio padre si apprestava a pagare e dissi a voce alta: “Per quello che abbiamo mangiato, il prezzo è anche troppo alto”. Mio padre mi diede uno scappellotto e io capii di aver sbagliato. Alcune cose, noi adulti lo sappiamo, magari si pensano ma non si dicono. E allora, quasi per compensazione, mi ci affezionai a quel ristorante, a quel suo palazzo. E anni dopo, da grande, lo volli disegnare. Ma poi, che ti dico, i cancelli, i cortili, luoghi della città all’apparenza insignificanti, sono per me tutti fonte di ispirazione. Ci dobbiamo andare assieme, ti faccio vedere. Per esempio, via XX Settembre, per me è un altro luogo del cuore. Villa Ettorina, per esempio. la conosci? Quanti ricordi della mia Perugia. Essere sempre e sempre più innamorato della mia città, è per me il mio sogno e, per fortuna, la mia realtà, di tutti i giorni
Non ti parlerò del nuovo progetto con il Comune di Perugia, diciamo che di quello magari se ne parlerà tanto in seguito, almeno mi auguro. Altri progetti? Pinocchio 2 (dopo la prima serie del 2019) e mi piacerebbe illustrare anche i Tre Moschettieri. È tanta roba, sai? Per un “illustratore per caso” poi…”
Pietro Floris