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L’Umbria e la transizione grigia (o verde)

L’Umbria e la transizione grigia (o verde)

I miei pochi lettori mi scuseranno se continuo a parlare nel blog del Nodo di Perugia, ma quest’anno è così. Non c’è pace per chi ha veramente a cuore l’Umbria, proprio quell’Umbria… Cuore Verde d’Italia

Come sanno ormai anche i muri, senza transizione verde (cioè ecologica, non verde come il colore dei dollari) nessuno si salva, neppure l’economia stessa. Per non parlare dell’ambiente (fortemente compromesso), della nostra salute (come drammaticamente ci siamo tutti accorti da un anno e mezzo a questa parte) e del benessere in generale; insomma di tutte quelle cose che una concezione distorta di sviluppo e ricchezza, non ha mai preso in minima considerazione e “messo a valore”.

Ce lo ripete ogni giorno la Tv, lo scrivono i titoli dei giornali; ce lo dicono – magari suggeriti dai loro ghost writers – i capi partito, i capi popolo. Lo dicevano, fino a 5 anni fa, anche i capi movimento, etc… Ce lo spiega il capo di governo in carica, Draghi, e ogni tanto qualche suo ministro; ce lo dice finanche il presidente della Repubblica e il Papa. Chi altro insomma ce lo dovrebbe dire!?!

Ma soprattutto ce lo scrive a chiare lettere l’Europa che come primo criterio di valutazione di TUTTI i progetti che verranno finanziati con il PNRR, sceglie il seguente: “non arrecare un danno significativo all’ambiente“.

Un principio talmente chiaro, quasi lapalissiano direi, che ha portato la stessa Regione Umbria a tenere il suo progetto, o dell’assessore regionale Melasecche, del cosiddetto Nodino di Perugia fuori dal suo Defr 2021/2023 (Documento di Economia e Finanza Regionale). Forse troppo evidente il danno ambientale che l’opera arrecherebbe al territorio perugino, a fronte peraltro di una sua sostanziale inutilità nella risoluzione dei problemi di traffico, di tipo pendolaristico, in entrata su Perugia (e risolvibili, come noto ai più, con interventi mirati, più rapidi e meno costosi, e da tempo sul tavolo degli organi preposti).

Ma facciamo un passo indietro. Tra gli obiettivi strategici dell’Unione Europea, come è noto, non c’è solo il verde, il famoso Green Deal, con tutto quello che questo concetto porta con sé, come lotta ai cambiamenti climatici etc. Ci sono gli obiettivi per un’Europa più smart, più connessa e più vicina ai cittadini. Proprio così, più vicina ai cittadini.

Sempre a proposito del Nodino/Nodo di Perugia, basterebbe farsi solo questa domanda: quanti dei cittadini di Perugia, Torgiano e Corciano, sanno dove passa esattamente o hanno solo idea di quale sia il tracciato del Nodino (Collestrada – Madonna del Piano) oppure del Nodo (fino a Corciano). Quanti di coloro che vivono nei territori interessati dal tracciato, sono stati contattati, informati, coinvolti in qualche assise pubblica in merito, nel corso di questi ultimi 20 anni (così “antico” è infatti questo progetto)?

E quanti, da ottobre del 2020 (a questa data risale il rilancio del progetto ad opera dell’assessore Melasecche), …quanti di coloro che abitano in questi luoghi, sono stati invitati ad una riunione pubblica o ristretta, di illustrazione e spiegazione dell’opera? Nessuno. Sarebbe questa la vicinanza ai cittadini?

L’Italia, perché noi siamo prima di tutto italiani, prim’ancora di essere umbri, sardi, veneti, laziali, e ancora di più europei…l’Italia dicevo, ha recepito in pieno questi concetti e obiettivi europei relativi alla transizione verde, tramite il famigerato (quanto cacofonico) acronimo del PNRR (Piano nazionale di ripresa e resilienza). All’interno di questo piano, si badi, a fianco alla rivoluzione verde e alla transizione ecologica, si parla di infrastrutture per la mobilità, quindi di territorio e di salute, di sostenibilità. Attraverso questa si persegue, infatti, afferma l’Unione Europea il vero benessere dei cittadini.

Quanto, invece, sia “IN-sostenibile” da un punto di vista naturalistico, ambientale, territoriale, inteso in termini di comunità, di socialità e di economia locale, il Nodino di Perugia è chiaro a tutti. Non proprio, ancora a tutti, evidentemente. È incredibile quanto questo progetto disattenda, in un solo colpo, tutte le linee guida che prima la Strategia 2021 per la crescita sostenibile della Commissione europea, poi il PNRR del governo Draghi, indicano per la ripresa economica, a tutti i soggetti chiamati in causa dal piano, come appunto Regione e Comuni (attuatori finali di questo piano).

Riepiloghiamo allora questi concetti/obiettivo:

  • dissociare la crescita economica, e quindi il nuovo sviluppo economico, dal consumo delle risorse (suolo),
  • migliorare le infrastrutture ambientali,
  • proteggere o ripristinare la biodiversità (bosco di Collestrada),
  • favorire l’economia locale (agricoltura, agri-turismo, vivaismo) attraverso uno sviluppo sostenibile.

In una parola, la crescita economica non potrà più avvenire in futuro, per l’Unione Europea, se non attraverso strategie e azioni basate sullo sviluppo sostenibile e sull’economia circolare. Saranno soltanto questi, i progetti che appunto la UE finanzierà con i soldi del recovery fund. Sarà per questo motivo, che il progetto del Nodino di Perugia non sia stato inserito, nonostante l’assoluta priorità che avrebbe voluto dargli l’assessore proponente, fra i progetti del piano di ripresa regionale dell’Umbria. In questo modo dichiarandone implicitamente l’assoluto e devastante impatto ambientale che l’opera avrebbe per quei territori. Non sarebbe mai passato. Il fatto che lo si voglia finanziare con altri soldi pubblici non determina, anzi come detto conferma appieno, la sua grave nocività alla salute dell’ecosistema ambientale ed umano.

La domanda da farsi, quindi, a mio parere, è questa: “È possibile per la Regione Umbria, e più in generale per qualsiasi altro ente ed istituzione locale (e no), progettare e avviare i lavori per un’opera pubblica che va in direzione completamente opposta a quello che sono i principi e le strategie conclamate e comunemente accettate da organismi ed istituzioni di livello massimo?“. La risposta a mio parere, di diritto quanto di logica, è no.

È la stessa Assemblea legislativa della Regione Umbria a dichiarare ciò, nel momento in cui approva l’8 settembre 2020, l’intero Programma annuale 2020, legislativo e di lavoro, della Commissione europea che, come detto, fa riferimento esplicito, fra l’altro, all’esaurimento delle risorse naturali, alla continua perdita di biodiversità, alla necessità di proteggere gli ecosistemi, etc… tutti aspetti duramente colpiti dal Nodino di Perugia.

Non solo miopia politica ma anche economica e finanziaria, quella della Regione Umbria e degli attori economici coinvolti nel progetto. La Banca Centrale Europea ha più volte dichiarato, infatti, che i finanziamenti alle imprese, come agli Stati peraltro, terranno sempre più conto dell’impatto ambientale e della sostenibilità dei progetti finanziati, per cui maggiori saranno i risultati a favore dell’ambiente e minori saranno i costi di questi finanziamenti. Anche per questo motivo non si spiega il motivo, se non con quello dei “soldi tanti e subito”, per il quale primarie aziende umbre e nazionali, interessate al progetto del Nodino, continuino a puntare unicamente sull’economia “grigio/nera” del cemento e dell’asfalto. Se non per una coscienza verde, che non si pretende che essi abbiano, almeno per una visione del business, che il loro ruolo farebbe supporre che abbiano, questi signori imprenditori dovrebbero pensarci bene prima di fare attività di lobbying – magari pur legittima – alla classe politica e in questa unica direzione.

Anche a volere ignorare l’Europa, così lontana magari dal capoluogo umbro, basterebbe leggere con più attenzione quanto è scritto nella cosiddetta rivoluzione verde del PNRR italiano, dove si parla chiaramente di:

  • riduzione delle emissioni di gas clima-alteranti,
  • sostegno ai mezzi di trasporto non inquinanti (ferro quindi non gomma),
  • contrasto al dissesto idrogeologico e attuazione dei programmi di riforestazione.

Un altro aspetto non secondario, è la dissonanza di progetti simili con il movimento di milioni di giovani di Fridays For Future di Greta Thumberg. Quanti dei nostri figli e nipoti sono scesi in piazza gli anni scorsi, magari accompagnati da insegnanti e genitori e sostenuti da questi ultimi, contenti di vedere i propri figli impegnati per una giusta causa, ed ora gli stessi genitori o i loro referenti politici, portano avanti o non si oppongono a progetti di tale fattura?

Altra macroscopica deviazione da una linea che l’Umbria Cuore Verde d’Italia ha intrapreso, più o meno convintamente, a partire anni ’80, costruendo per sé un’identità riconosciuta dai più a livello nazionale ed internazionale e legata appunto a:

  • allo sviluppo sostenibile,
  • ad un’agricoltura anche di pregio,
  • ad un turismo legato alle bellezze naturali oltre che a quelle artistiche e culturali..

Opere simili (al Nodino di Perugia) non fanno che disconoscere clamorosamente e rischiano di rovinare per sempre, una raffigurazione ancora sufficientemente realistica, di una regione con un ambiente ed una qualità della vita – grazie anche ai piccolo borghi e alle loro comunità locali – degna di essere vissuta e raccontata ogni giorno ed in grado di attrarre flotte di turisti e di investitori economici ed immobiliari importanti, come abbiamo visto questa estate appena trascorsa (turismo e interesse immobiliare alle stelle).

L’Unione Europea ha messo nero su bianco, nel documento strategico per il 2030 sulla biodiversità, quanto segue: “…Investire nella protezione e nel ripristino della natura sarà di cruciale importanza anche per la ripresa economica dell’Europa dalla crisi Covid-19”. Tutti gli osservatori e un numero sempre crescente di economisti, concordano sul fatto che l’economia e il capitalismo sta affrontando (dal 2008) non solo una crisi economica senza precedenti (almeno in termini di durata), ma anche ambientale (e climatica), e per ultimo sanitaria (probabilmente ad essa collegata). La salute delle persone, scrive l’UE nello stesso documento di cui sopra, “è chiaramente legata alla salute degli ecosistemi in cui essi vivono“.

E di fronte a tutto questo, cosa vuole fare la Regione Umbria, con il suo assessore ai trasporti (e al paesaggio) Melasecche? Vuole costruire chilometri di superstrada inutili, costosi e devastanti per l’ambiente che circonda una città di oltre 160 mila abitanti, nella regione che deve la sua fama, nei confini nazionali e non, per essere il cuore verde d’Italia?!?

Quindi mentre tutto e tutti (la politica, la finanza, l’economia, il mondo dell’innovazione, della sanità, etc…) spingono verso la transizione verde, unica via di salvezza (anche economica), l’Umbria pensa di trovare finanziamenti per occupare ancora suolo con il cemento e l’asfalto, per favorire la sola mobilità privata su gomma, per compromettere un ecosistema che gode della massima protezione a livello europeo, per smembrare comunità locali, già sacrificate da una urbanizzazione residenziale e commerciale poco rispettosa del paesaggio.

Mentre gli stranieri e gli italiani (dopo il boom dello smart-working) hanno ripreso a comprare casa in Umbria, dopo che (come detto sopra) dal 2019 tantissimi giovani e giovanissimi umbri, a più riprese, sono scesi in piazza nei Fridays For Future, spesso incoraggiati e spinti da adulti sempre più consapevoli, ripeto, gli stessi magari che ora decidono per politiche esattamente opposte a quelle per le quali i loro figli o nipoti si sono mobilitati…

…quando, per contrastare la crisi demografica sempre più grave che attanaglia da decenni l’Umbria, l’unica strada percorribile sembra essere quella di sperimentare nuovi modelli di sviluppo sostenibile da attuare in primis proprio nei piccoli comuni o nelle frazioni (come quelle che verrebbero tagliate in due o tre parti dal Nodino), quando tutto ciò avviene… e a distanza di più di 20 anni dalla redazione del progetto stradale denominato Nodo di Perugia, cosa rischia di avvenire in Umbria? Ci si dimentica di tutto ciò che l’Umbria ha rappresentato e rappresenta ancora, nonostante contraddizioni ed errori del passato, per continuare a puntare sull’industria del cemento e dell’asfalto.

Il 24 gennaio del 2020 la Presidente della Giunta regionale, Donatella Tesei insieme al Sindaco di Perugia, Andrea Romizi, ha sottoscritto il “Manifesto di Assisi. un’economia a misura d’uomo contro la crisi climatica”. Nel suo intervento, la Presidente Tesei ha dichiarato, fra l’altro: “Dobbiamo essere in grado di conservare e consegnare integro l’ambiente alle nuove generazioni”. Ed inoltre: “…considero questo Manifesto… un impegno concreto ad agire in questa direzione… una straordinaria opportunità di crescita e progresso nel rispetto dell’ambiente”.

Per virare dal grigio al verde, basterebbe semplicemente allora essere coerenti, grazie, Pietro Floris.


* Per una più compiuta analisi del Documento di Economia e Finanza 2021-2023 della Regione Umbria ed una sua puntuale comparazione con il Green Deal e Next Generatione EU dell’Unione Europea ed il PNRR italiano, si legga l’articolo La transizione verde che manca al Cuore Verde d’Italia pubblicato in “queste istituzioni” num. 1/2021, il 30 giugno 2021 e dal quale questo mio articolo ha tratto diversi spunti di riflessione e analisi.